Ulisse Bezzi – il contadino ravennate che espone a New York

“Ci sono favole che sembrano fatte apposta per essere lette. O essere scritte. Quella di Ulisse Bezzi è una di queste, e ci riporta in una realtà contadina che non esiste più, quella della Romagna degli anni ’50 e ’60. Il Bezzi (l’articolo determinativo prima del cognome in dialetto è obbligatorio) è un lavoratore agricolo come allora ce n’erano moltissimi, immerso nella nebbiosa campagna di San Pietro in Vincoli, un paese fra Ravenna e Forlì dove l’evento più importante è la tombola di fine anno al Bar Sport. Dove lavorare d’estate sotto il sole significa essere costantemente immersi nel sudore, e dove d’inverno la neve colora la sconfinata pianura di un bianco pallido illuminato soltanto dai pochi raggi di sole che riescono a vincere la perenne cortina di nuvole e nebbia. Ma la straordinarietà, a volte, nasce proprio dove gli eventi della vita si ricordano in base ai decenni, tanto sono rari.”

Il racconto di come uno dei più noti galleristi di Manhattan abbia acquistato le foto di un pressoché sconosciuto contadino ravennate, assume i tratti di una favola alla Vivian Maier, la fotografa babysitter vissuta nel completo anonimato e riscoperta come genio indiscusso dell’obiettivo.

 

Gli amici lo convincono a spedire le immagini ad importanti rassegne nazionali ed internazionali, come quella di San Paolo nel quale risulta vincitore. Ha una carriera fotografica di un certo livello, ma come la sua ce ne sono molte, le sue fotografie rischiavano di finire dimenticate fra gli oceani del tempo e delle immagini. Poi, qualche settimana fa, alla soglia della rispettabile età di 90 anni, arriva la chiamata di Keith De Lellis, uno dei galleristi più famosi di New York e del mondo. L’imprenditore invita il fotografo/contadino a New York, ma Ulisse declina, pensa forse ad uno scherzo. Allora, con pervicacia, De Lellis si reca personalmente a San Pietro in Vincoli ed esamina le centinaia di scatti realizzati da Bezzi, acquistandone alcuni per una mostra sulle fotografie vintage in corso nella sua galleria in Madison Avenue.

Non più di due settimane fa quindi, nell’abitazione immersa nella campagna di San Pietro in Vincoli, tra Ravenna e Forlì, si presenta il gallerista statunitense accompagnato da un interprete.

Sul tavolo del soggiorno finiscono centinaia e centinaia di scatti, tutti gelosamente custoditi per decenni dall’anziano con l’aiuto della moglie Giulia. Gli ospiti sfogliano i lavori degli anni ’50 e ’60, realizzati con una Retinette Kodak 24/36 presa da ragazzino, lavorando per il vicino di casa nel periodo della potatura, oppure con una Rolleiflex 6/6 usata, acquistata per 40mila lire. Sono immagini quasi esclusivamente in bianco e nero, che Bezzi stampava di persona la notte, monopolizzando bagno e cucina per appendere i fogli; soprattutto ritratti, figura ambientata, paesaggi, dettagli che trasformano la realtà in un’immagine intensa, filtrata dalle emozioni del contadino.

“Sentivo il bisogno di fare fotografie, non saprei spiegarlo a parole, Lo facevo a modo mio, mi piaceva scegliere qualcosa di diverso rispetto agli altri, e per farlo partivo dopo aver finito nel campo, anche col buio, senza pensare ai concorsi ma solo per piacere personale”.

Diverse decine di fotografie hanno preso il volo per la Grande Mela, verso la galleria di Madison Avenue, un tempio che ospita scatti di alcuni dei più grandi fotografi.

“Andare a vederle? E’ un’avventura che non mi sento di compiere – ammette Bezzi -. Con la fotografia ho chiuso, non saprei più cosa inquadrare”. Lo si intuisce osservandolo silenzioso con lo sguardo perso sull’orizzonte dei suoi campi: non è colpa tanto del peso della macchina a tracolla, né del copri-obiettivo che una volta rimosso è un’impresa rimontare. Piuttosto, è una scelta di stile. (Huffington post)