2016

Le fotografie qui di seguito, esposte alla biblioteca di Casalecchio di Reno dal 17 al 31 maggio,  fanno parte della mostra wePhoto 2016 e rappresentano la conclusione di un bellissimo percorso individuale e collettivo durato un intero anno. Durante l’inaugurazione Diego Stellino (fotografo), Francesca Filippini (graphics designer BIG) e Susanna De Pascalis (vincitrice edizione 2014), hanno assegnato il primo premio a Andrea Righetti, con il reportage intitolato La morte della comunicazione…, e il secondo premio a Irene Sarmenghi, con E la vita scorre tra luci e ombre. Ma l’avventura di wePhoto non finisce certo qui. L’appuntamento è per ottobre con un nuovo corso di fotografia, il cui programma sarà online a breve. Grazie a tutti.

 

LA MORTE DELLA COMUNICAZIONE…

di Andrea Righetti

Cesare Pavese ha detto: Tutto il problema della vita è questo: come rompere la propria solitudine, come comunicare con gli altri.”

Per alleviare la moderna solitudine noi usiamo le nuove tecnologie, come gli smartphone e internet, ma a volte proprio questo causa la morte della comunicazione. Ci ritroviamo ancora più soli, dentro confini invisibili, ma spesso invalicabili, in un nuovo silenzio che diviene assordante, fino a quando il richiamo del cuore ci spingerà a superare ogni barriera e ci farà levare lo sguardo verso il cielo.

  • La comunicazione: gente che parla ad altra gente e si comprende a vicenda. (G. Kemp)
  • Più elaborati sono i nostri mezzi di comunicazione, meno comunichiamo. (Joseph Priestley)
  • Le società sono sempre state modellate più dal tipo dei media con cui gli uomini comunicano che dal contenuto della comunicazione. (Marshall McLuhan)
  • Possiamo avere tutti i mezzi di comunicazione del mondo, ma niente, assolutamente niente, sostituisce lo sguardo dell’essere umano. (Paulo Coelho)

 

QUATTRO ANNI DOPO

di Benedetta Bernardi

Questo progetto fotografico vuole essere un omaggio e riconoscimento al mio paese, Mirandola, e ai suoi cittadini che nel maggio 2012 sono stati feriti da un moto scellerato della terra che nessuno, ma proprio nessuno, avrebbe creduto potesse nascere lì, nel grembo della Bassa modenese.

Quattro anni fa.

Molte case disabitate perché inagibili, le piazze deserte, diverse vie inaccessibili. Le chiese in macerie, nemmeno una è rimasta in piedi. Negozi chiusi, con la merce a terra, danneggiata. Strisce rosse e vigili del fuoco ovunque. La gente che non passeggia più serena lungo i viali, che non legge più il giornale in santa pace sorseggiando un caffè in un bar del centro, la gente che ha una tenda o la macchina come casa, la gente che ha perso il lavoro, la gente attonita, immobile in una assurda contemplazione nel vedere come è cambiato il proprio paese.

Io, per fortuna o per sfortuna, non ho conosciuto il rumore spaventoso del boato, le notti insonni. Non ho visto i muri scuotersi, crollare, gli oggetti volare da tutte le parti. I miei piedi non hanno sentito la terra impazzire sotto, le mie gambe non hanno tremato, né hanno corso per fuggire chissà dove. Né ho conosciuto il tarlo del eccone un’altra. Fino a quando? Non finisce?

Quattro anni fa ho immaginato che un giorno.

Che un giorno avrei visto le finestre di ogni casa spalancate il mattino e chiuse allo scendere della notte, segno che ognuno è tornato a vivere nella propria casa e ha ritrovato le proprie cose.

Che un giorno mi sarei fermata ad ammirare le vetrate colorate, i quadri antichi, le statue preziose delle chiese del mio paese finalmente ricostruite, e la gente felice di ritrovarsi di nuovo all’interno di un vero luogo di culto e non più sotto un tendone.

Che un giorno avrei visto i capannoni del polo industriale ricostruiti a nuovo, ma questa volta secondo le misure antisismiche, perché non si possa ripetere mai più ciò che è accaduto il 29 maggio.

Che un giorno avrei rivisto i bambini e i ragazzi uscire a frotte dai cancelli delle scuole, correndo verso i loro genitori in attesa lungo i viali, come facevo anch’io una volta.

Che un giorno sarebbero scomparse transenne e barriere di ferro a delimitare l’accesso verso zone inagibili, e avrei incontrato la gente in ogni piazza, vicolo o strada. Che un giorno il mio paese, mosaico triste tappezzato da biglietti e cartelli colorati appesi a transenne di ferro, sarebbe tornato quello di una volta. Che un giorno mi sarei rallegrata nel rivedere la gente vivere la quotidianità, una comunissima quotidianità fatta di pasti consumati al tavolo della propria cucina, di riposo sereno, di un tempo per il lavoro ed uno per lo svago.

Un’ultima cosa ho sperato. Forse la più importante.

Che tutto questo non fosse solo un sogno.

Oggi, maggio 2016.

Ciò che avevo immaginato quattro anni fa è ancora lontano, ma tanta strada, una di quelle scomode, piena di buche e sassi, è stata fatta. Lo si vede nella foto che ritrae la zona dei moduli abitativi temporanei; molti, finalmente, sono stati abbandonati perché diverse famiglie sono rientrate nelle proprie abitazioni. Qualche bicicletta, alcuni panni stesi. Sono pochi coloro che stanno attendendo, e spero tanto che presto la zona dei moduli abitativi diventi una zona morta, deserta.

Sì, al più presto.

L’ultima fotografia descrive un angolo della piazza principale, Piazza Costituente. Il punto da dove ho scattato è il portico di un palazzo ristrutturato, da poco riaperto e guarito dalle gravi ferite che lo avevano lesionato. Mi è piaciuto concludere il progetto con questa prospettiva, essere lì dove qualcosa è rinato e lanciare lo sguardo al pannello artistico sulla facciata del Palazzo del Comune Ancora Christi, donato alla città dal pittore Marcello Vandelli. L’ancora è capovolta, punta verso l’alto, segno di speranza e di rinascita che contrasta con gli edifici circostanti, ancora danneggiati e sostenuti da impalcature o strutture protettive. L’assenza e il senso di tristezza delle prime due foto qui viene colmato in pieno dalla presenza di due passanti ritratti casualmente, ma diretti nella stessa direzione. Come me, da uno dei punti della rinascita verso lo spazio aperto, verso, simbolicamente, un domani fatto di altra strada percorsa, di mattoni rimessi a posto, di un sogno che sta diventando realtà.

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IL MARE

di Cristina Tesei

In piedi davanti al mare
meravigliato della propria meraviglia: io
un universo d’atomi
un atomo nell’universo.
(Richard Feynman)

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DOLORE BUONO

di Elisa Esposito

“..all the pictures have all been washed in  black, tattooed everything…”

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LO SGUARDO

di Elizabetta Visentini

Gli unici occhi belli sono quelli che vi guardano con tenerezza.

(Coco Chanel)

  • Vacca meticcia balia del vitellino di 1 mese.
  • Giorgia: mamma di Christian.
  • Christian: bimbo di Giorgia.
  • Vitellino meticcio di 1 mese.

 

DONNE CHE GENERANO DONNE

di  Erica Ronchi

Tante donne, piccole o grandi, generano e vengono generate da una donna.
Ed è questo l’argomento centrale del mio progetto.
Ho cercato di racchiudere, attraverso quattro foto, il tempo che passa, che genera, che cambia.
Le mani di una bambina che reggono una bambola di stoffa e che reggono l’infanzia, che si trasformano nello sguardo di un’adolescente che cerca di scoprire, che cambia il modo di guardare il mondo passando dall’infanzia al mondo adulto. E poi quegli occhi si trasformano in labbra e seno, e diventano fertilità e maternità. Diventano donna. E quella donna, poi, diventa nonna. Diventa donna con rughe, con il passare degli anni scritti sulla faccia, sulla pelle, come un biglietto da visita, o un tatuaggio indelebile.
Quella donna è presente ed è futuro, ed è mia nonna.
Il suo passato viene rappresentato dalle sue nipoti.

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ABBANDONO

di Giancarlo Gigli

Edifici abbandonati, testimonianza del nostro passato, luoghi che sono stati ed ora non sono più.
Testimoni di ciò che è stato: ogni rudere cela una umanità scomparsa.
Quanto lavoro, quanto impegno, quanti sacrifici, quante lacrime dietro ogni rudere.
Grida di bambini, risate, profumi, amori, serate al suono di una fisarmonica tra quelle mura ed in quei cortili.
Quando l’uomo abbandona ogni attività di manutenzione di ciò che ha faticosamente costruito ecco che, inevitabilmente, la natura si riappropria dello spazio.
Si stimano in circa 2 milioni gli edifici abbandonati in Italia, lasciati andare in rovina, giorno dopo giorno.

  • L’ultimo chiuda. Campagne di Sacerno (BO)
  • Non correte per le scale. Costa di Calambrone (PI)
  • Oltre la porta. Colline di Gavignano (BO)
  • Chiamiamo l’elettricista.  Tavernelle Emilia (BO)

 

NEL BOSCO

di Giuseppe Bellini

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E LA VITA SCORRE TRA LUCI E OMBRE

di Irene Sarmenghi

Ogni giorno un numero infinito di persone attraversa il portico del Palazzo del Podestà disperdendosi nel quadrivio.

Vite, pensieri e destinazioni si incrociano rapidamente destinate a non incontrarsi una seconda volta.

Attraverso il mio obiettivo con quattro scatti ho voluto fermare e raccontare questi istanti irripetibili.

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IL TEMPO DI UNA SIGARETTA

di Laura Cavicchi

Come una sigaretta, ci accendiamo nascendo per passere il nostro tempo a bruciare km, idee ed emozioni e poi, ridurci, fino a ritornare parte della terra che ci ha generato, con la speranza che non sia stato tutto fumo.

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CON OCCHI DI BAMBINA

di Lisa Agati

Ci sono due dichiarazioni sugli esseri umani che sono vere: che tutti gli esseri umani sono uguali e che tutti sono differenti. Su questi due fatti è fondata l’intera saggezza umana.

(Mark Van Doren)

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  • Lisa Agati3
  • Lisa Agati4

 

LA LAMPADINA È LUCE

di Mario Meliconi

Dopo il giorno illuminato dal sole, il buio della notte;
a volte rischiarito dalla luce argentea della luna e delle stelle.
Poi venne il fuoco a rischiarire la notte ma si spegneva…

Dopo millenni…

Dal 1600 parecchi scienziati cominciarono a capire il fenomeno fisico della corrente elettrica e di come si poteva usare questa misteriosa energia per rendere la vita dell’umanità più agevole.
Fra tutti questi ricercatori citiamo solo il chimico Edison che nel 1880 ha inventato la lampadina; oggetto a noi così famigliare e amico la lampadina ci toglie dalle tenebre della notte.
Grazie lampadina di Edison, oggi sei stata archiviata da nuove tecnologie ma rimani sempre la mamma delle figlie che ha generato.

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IL LAVORO NOBILITA L’UOMO

di Marzia Florindi

Foto scattate il 1 maggio 2016 – Festa dei Lavoratori

Io credo nel popolo italiano. È un popolo generoso, laborioso, non chiede che lavoro, una casa e di poter curare la salute dei suoi cari. Non chiede quindi il paradiso in terra. Chiede quello che dovrebbe avere ogni popolo.
(Sandro Pertini, Messaggio di fine anno agli Italiani, 1981)

Secondo una rilevazione (ISTAT) datata dicembre 2015, il tasso di disoccupazione in Italia è del 37,9%, in Germania del 7%, in Grecia del 48,6%. Il tasso medio dell’Eurozona è del 22%.
(Il Sole 24 ORE del 07/02/2016, pagina 14)

Se è vero che il lavoro nobilita l’uomo, è pur vero che in questo periodo storico il diritto al lavoro non appare poi così scontato.
Molti sono i giovani, laureati e non, che non riescono a trovare un impiego. E molti sono coloro che, mettendo per un attimo da parte i “sogni di gloria” concepiti durante gli studi e nel periodo dell’infanzia, non esitano ad accettare (pressoché) qualsiasi tipo di lavoro pur di potersi guadagnare una piccola fetta di dignità ed indipendenza.

Le foto proposte vogliono far riflettere l’osservatore sull’importanza del lavoro, di qualunque tipo esso sia, e su come tanti giovani, con retroscena e sogni fortemente eterogenei, ma accomunati dalla necessità e dalla volontà di lavorare, si ritrovino casualmente ad incontrarsi nello stesso luogo. In questo luogo sogni e speranze, sorrisi e amarezze si manifestano e si intrecciano, tenendo uniti, nel bene e nel male, coloro che lo abitano e lo scoprono ogni giorno.

  • MASSIMO – CASSIERE Ha un diploma di Tecnico delle industrie chimiche. Il suo sogno è sempre stato quello di fare l'infermiere.
  • ELISABET – COMMESSA Ha una laurea in Turismo e una in Economia. In un giorno non troppo lontano, sogna di aprire un bed and breakfast tutto suo.
  • FABRIZIO – COMMESSO Tenore, è al secondo anno di conservatorio. Il suo sogno è quello di vivere grazie alla sua voce.
  • ALESSANDRA – COMMESSA Ha un diploma di Tecnico dell'abbigliamento e moda. Vorrebbe solo poter dire, un giorno, di essere stata felice nella vita.

 

VOGLIA DI PESCE

di Maurizio Finetti

Questo mio progetto fotografico, vuole rappresentare un viaggio fotografico nella quotidianità delle antiche pescherie all’interno del centro storico di Bologna.  Voglia di pesce, un titolo breve ma significativo. Buona visione e grazie per la vostra attenzione.

  • Eseguita con fotocamera Nikon D5100 e obiettivo Nikkor 18-105 mm. in modalita' M manuale. Tempo: 1/100 sec. Diaframma: f/8 Iso: 400 Distanza focale: 105 mm.
  • Eseguita con fotocamera Nikon D5100 e obiettivo Nikkor 18-105 mm. in modalita' M manuale. Tempo: 1/125 sec. Diaframma: f/8 Iso: 400 Distanza focale:18 mm. Trattamento: bianco e nero.
  • Eseguita con fotocamera Nikon D5100 e obiettivo Nikkor 18-105 mm. in modalita' M manuale. Tempo: 1/160 sec. Diaframma: f/5,6 Iso: 200 Distanza focale: 34 mm.
  • Eseguita con fotocamera Nikon D5100 e obiettivo Nikkor 18-105 mm. in modalita' M manuale. Tempo: 1/125 sec. Diaframma: f/8 Iso: 400 Distanza focale:18 mm. Trattamento: seppia.

 

IL PUNTO DI OSSERVAZIONE DEL MONDO CIRCOSTANTE

di Salvatore Carboni

Prospettiva da cui si osserva il mondo circostante.

Ogni essere vivente osserva il mondo che lo circonda da una posizione più o meno privilegiata. Questa posizione è espressione di  libertà o prigionia, felicità o tristezza, salute o malattia e tutte le varianti intermedie.

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RACCONTI DI…

di Valentina Bacchelli

  • CORAGGIO
  • SCELTA
  • FORZA
  • VITA