LE VIRTÙ DELLA SOLITUDINE
di Alessandro Serafini
LA FRAGILITÀ DELL’APPARENZA
Di Alessia Cassarri
SEI DAVVERO INDIPENDENTE?
di Andrea Gombia
IN BUONE MANI
di Andrea Sposato
“CHI NON CREDE NELLA MAGIA E’ DESTINATO A NON INCONTRARLA MAI.”E CHI INVECE NELLA MAGIA CREDE?
di Mattei Barbara
La magia è anche dentro di noi. Crescendo ho scoperto che la magia è racchiusa anche nell’anima e negli occhi di chi guarda, in questo caso i miei. La magia è in tantissime cose, gesti, parole, pensieri. Forse proprio guardare da prospettive diverse rispetto a quelle cui siamo abituati, guardare con gli occhi di un bambino, guardare con occhi che non si limitano a vedere, ma che cercano in ciò che incontrano, siano cose, piante, persone, animali, la magia che c’è in ciascuno di loro, può rende possibile racchiudere un pò di quella magia dentro uno scatto. Spero di esserci riuscita e comunque continuerò a credere nella magia e a cercarla.
IL CAMMINO DELL’ACQUA
di Fabio Brianese
“…E LASCERÒ TUTTO COME LO AVEVO TROVATO.”
di Massimiliano Raciti
IL MIO GRIDO
di Simona Marioloni
VI PRESENTO MIO PADRE. Vi presento Stefano, mio padre. In questa foto ha gli occhi pieni di quella commozione palpabile che per alcuni attimi ti avvolge di felicità per un piccolo gesto come l’abbraccio di una mamma, la sua. La sua passione più grande come ben avrete intuito dalle sue vesti è l’amore per l’arte del buon cibo, sempre alla ricerca di nuovi manicaretti per stupire e deliziare i palati più esigenti e raffinati. Io e mio fratello siamo la sua migliore creazione, così lui dice e di mia mamma, la sua più grande fortuna. Poi mio figlio Luca, la sua punta di diamante, l’amore puro. Il suo più gran difetto? Essere un FUMATORE! Circa un anno fa, un’ ombra oscura ha bussato alla porta e da allora quella coltre di fumo nera, oltre ad avergli annerito i polmoni e buona parte del suo corpo, ha oscurato il sole di tutti noi….
PICCOLO MONDO DIETRO LA PORTA
di Stefania Sabbi
“Un innocente col sorriso sulle labbra che passeggia nel giardino dei suoi sogni.”
JACQUES PRÉVERT
Lo stupore, la meraviglia e l’incanto di scoprire una bellezza nascosta che si cela in un piccolo borgo segreto. In altre parole questa è la magia dell’inaspettato.
Siamo nell’antico borgo di Rocca di Roffeno sull’Appennino Bolognese tra Cereglio e Vergato.
Qui sorge un vero angolo di paradiso, contraddistinto dalle tipiche borgatelle e dagli sparsi casolari incastonati nel verde dei boschi, sul pendio dei monti che gli fanno corona.
Un piccolo feudo di origine medievale che fa da sfondo all’antica Pieve romanica di San Pietro di Roffeno, centro religioso e sede di una fonte battesimale che risale al XII secolo.
Gioiello di rara bellezza, che si è preservato nel tempo fino ad oggi, mantenendo perfettamente intatto il suo fascino originario.
Per chi vi giunge per caso o per la prima volta è una scoperta inaspettata, che lascia senza fiato e porta con la mente in un mondo fantastico. Come ad entrare in un sogno.
PADRE, FIGLIA E MADRE TERRA
di Valentina Bonetti
La Terra non l’abbiamo ricevuta in eredità dai nostri padri, ma in prestito dai nostri figli (Capo Indiano Navajo)
LA BELLEZZA DELLA SEMPLICITÀ
di Viktoriia Spolska
Le cose che rinascono dalle macerie sono quelle belle perchè proprio in queste cose si vede l’immenso potere, la forza di vivere e di combattere nonostante tutto il resto.
IL MAZZO DI FIORI
di Silvia Carboni
Che fai laggiù bambina
Con quei fiori appena colti
Che fai laggiù ragazza
Con quei fiori seccati
Che fai laggiù bella donna
Con quei fiori che appassiscono
Che fai laggiù già vecchia
Con quei fiori che muoiono
Aspetto il vincitore.
Jacques Prévert
La Bologna “goliardica” ed “irriverente”
di Ludovico Personè
Al Zigànt…dalla “pietra della vergogna” Produttori: Pier Donato Cesi (vicelegato pontificio a Bologna). Governo pontificio di papa Pio IV Regia: Giambologna, (pseudonimo di Jean de Boulogne) (Douai, 1529 – Firenze, 13 agosto 1608), scultore fiammingo attivo in particolare tra Firenze e Bologna Casting: Jean de Boulogne, detto Giambologna. Cardinale Carlo Borromeo (in missione per il Papa) Genere: Comico – erotico (v.m. 13 anni) Trama: E’ il 2 agosto del 1563 quando il vicelegato pontificio a Bologna, Pier Donato Cesi, incarica il bravissimo scultore manierista fiammingo, detto Giambologna, di realizzare la statua bronzea del Nettuno, nei pressi di Piazza Maggiore. Un anno dopo, l’artista francese presenta al Cardinale legato di Bologna, Carlo Borromeo, un bozzetto: una piccola statua che ritrae il “Gigante” (in tutte le sue virtù) destinato ad ornare la grande piazza nelle dimensioni attuali. Ma, alla committenza dell’epoca le “virtù meno apparenti” piacciono ridotte, se non addirittura coperte da foglie di fico, così si ordina al Giambologna di rivedere le parti basse del suo Gigante. Lo scultore, all’epoca uno dei più talentuosi, non si perde d’animo ed escogita un’astuta illusione ottica, beffando in tal modo la curia e tutti coloro che in futuro nomineranno “pietra della vergogna” l’esatto punto dal quale il pollice della mano sinistra del nettuno esalta “tra tutte le virtù, la più indecente!” Il Fittone “IO ETERNO DURO!!” Fino al 1870 via Spaderie (oggi non più esistente), che collegava la piccola via Rizzoli dell’epoca con l’attuale via degli Orefici, era conosciuta per il tubo in gomma della famosa tabaccheria all’angolo, dal quale fuoriusciva una fiammella sempre accesa dove accendersi i propri sigari senza l’uso dei fiammiferi. Dopo che vi fu posto come paracarro un fittone, la cui forma ricordava un simbolo fallico, via Spaderie divenne il luogo di ritrovo dei Goliardi bolognesi, i quali eressero il fittone a loro mitico simbolo. Mal visto dalla curia, dalla politica e dalla borghesia, in occasione dei lavori di ampliamento di via Rizzoli del 1912, lo si fece sparire in tutta fretta. L’evento provocò una rivolta studentesca culminata nell’occupazione del municipio e conclusasi il 13 maggio, quando il fittone fu portato su una barella da due pompieri in via Zamboni e collocato all’inizio del portico di Palazzo Poggi. Gli studenti festeggiarono il lieto fine sventolando bandiere mentre la banda suonava musiche goliardiche. Il fittone subì varie traversie: scampò ad un tentativo di ratto da parte dei padovani nel 1912; fu spezzato durante il ratto modenese del 1947; fu ingabbiato da solido acciaio nel 1950; fu decapitato dai fiorentini nel 1958 e, nello stesso anno, fu uccellato (preso in pegno) dai ferraresi e trasferito all’interno dell’Università. Oggi l’originale è preziosamente custodito nella stanza dei goliardi presso il Museo Europeo degli Studenti di Palazzo Poggi. La “feluca” del Goliardo Mai confonderla con un berretto, cappello o più elegante copricapo. Infatti, qualche goliardo potrebbe offendersi perchè si tratta di “feluca”, ovvero dell’invenzione bolognese nata nel 1888, in occasione dei cosiddetti “saecularia octava” (festeggiamenti per l’ottavo centenario d’Ateneo), quale segno di riconoscimento degli Universitari italiani. L’originale copricapo (pardon!) fu concepito come tributo al Medio Evo ed in particolare a Golia Abelardo (da cui “goliardo” e “goliardia”), alias Pietro Abelardo, prelato ed intellettuale dell’epoca, considerato sovrano maestro nonché ispiratore del movimento stesso. Dal colore della feluca è possibile risalire alla Facoltà d’appartenenza del goliardo: rossa per Medicina, Chirurgia e Veterinaria; blu per Giurisprudenza e Scienze Politiche; verde per tutte le Facoltà scientifiche; bianca per Lettere e Filosofia; nera per Architettura e Ingegneria; gialla per Economia e Commercio. Nessun universitario l’acquista, poichè la vera feluca goliardica viene sempre e solo regalata. Regola fondamentale per una vera feluca è la presenza di evidenti segni d’usura, caratteristica inconfondibile che denota quale vero ed attivo il goliardo che la indossa. Oltre al colore e al tasso di deterioramento della feluca anche le eventuali applicazioni che la adornano possono svelare altri dettagli, anch’essi utili per comprendere il tipo di goliardo che si ha di fronte. 1°anno: il “phoetens”, ovvero il fetente o la matricola che indossa la feluca scevra di fregi, ad eccezione dello stemma dell’Ordine e di quello della città. 2°anno: il “due-bolli” o “fagiolo”, il goliardo la cui feluca ha un pendaglio a forma di giglio (detto per l’appunto “fagiolo”) sulla punta della stessa e cinque oggetti a scelta a mo’ di pendente. 3°anno: la “colonna”, colui che porta un fregio d’oro sul bordo della feluca e può applicarvi tutti gli oggetti che ritiene opportuni. 4° e 5°anno: Il “laureando”, infine, può aggiungere la frangia sul lato destro della feluca. Foto scattata all’interno del Museo Europeo degli Studenti di Palazzo Poggi (via Zamboni 33, Bologna) N.B. sullo sfondo è visibile il Fittone originale Disperato Erotico Stomp Ti hanno visto bere a una fontana Che non ero io Ti hanno visto spogliata la mattina Biricchina biriccò Mentre con me non ti spogliavi Neanche la notte Ed eran botte, Dio, che botte Ti hanno visto alzare la sottana La sottana fino al pelo, che nero Poi m’hai detto “Poveretto Il tuo sesso dallo al gabinetto” Te ne sei andata via con la tua amica Quella alta, grande fica Tutte e due a far qualcosa di importante Di unico e di grande Io sto sempre in casa, esco poco Penso solo e sto in mutande Penso a delusioni, a grandi imprese A una thailandese Ma l’impresa eccezionale, dammi retta È essere normale Quindi, normalmente Sono uscito dopo una settimana Non era tanto freddo, e normalmente Ho incontrato una puttana A parte i capelli, il vestito La pelliccia e lo stivale Aveva dei problemi anche seri E non ragionava male Non so se hai presente Una puttana ottimista e di sinistra Non abbiamo fatto niente Ma son rimasto solo Solo come un deficiente Girando ancora un poco ho incontrato Uno che si era perduto Gli ho detto che nel centro di Bologna Non si perde neanche un bambino Mi guarda con la faccia un po’ stravolta E mi dice “Sono di Berlino” Berlino, ci son stato con Bonetti Era un po’ triste e molto grande Però mi sono rotto Torno a casa e mi rimetterò in mutande Prima di salir le scale mi son fermato A guardare una stella Sono molto preoccupato Il silenzio m’ingrossava la cappella Ho fatto le mie scale tre alla volta Mi son steso sul divano Ho chiuso un poco gli occhi E con dolcezza è partita la mia mano Commendator Domenico Sputo (alias L.Dalla)