VIVIAN MAIER

Bambinaia per le famiglie benestanti di New York e Chicago sino dai primi anni Cinquanta del secolo scorso, per oltre cinque decadi ha fotografato la vita nelle strade delle città in cui ha vissuto senza mai far conoscere il proprio lavoro. Mai una mostra, neppure marginale, mai una pubblicazione.

“La bellezza del mondo è negli occhi di chi lo guarda. E gli occhi di Vivian Maier così acuti da riuscire a cogliere la bellezza anche nei volti dei passanti e negli scorci di una grande città. Con un talento grande, e probabilmente inconsapevole. Di professione, Vivian, era una tata, e lo è stata per tutta la vita. Delle sue foto, il mondo, è venuto a conoscenza solo dopo la sua morte, tributandole quella fama a cui in fondo non aveva mai aspirato. John Maloof, storico e collezionista di Chicago si è imbattuto casualmente nell’immenso archivio fotografico della donna: oltre 100.000 negativi, filmati in Super-8, registrazioni audio e svariati altri oggetti che costituiscono un’enorme finestra sulla vita americana nella seconda metà del XX secolo. Nella morte, come in tutta la sua esistenza, Vivian Maier ha lasciato dietro sé pochi indizi su chi fosse realmente e sul perché amasse così tanto la fotografia. Per scoprirlo non serve partire dal principio, ma dalla fine, quando, nel 2007, Maloof si è accidentalmente imbattuto nei suoi negativi. certo non poteva immaginare il valore artistico e storico contenuto in quella scatola di rullini acquistata ad un’asta pubblica per soli 380 dollari“Ma chi è Vivian Maier?,” si chiede Maloof. Nessuno lo sa. La ricerca del suo nome su Google dà 0 risultati. E così, deciso a fare luce sulla talentuosa ma ignota fotografa, intraprende una ricerca frenetica che da un post su Flickr lo porta fino ad un documentario, realizzato con Charlie Siskel, produttore, tra gli altri, di «Bowling for Columbine», e con i fondi raccolti su Kickstarter. Insieme seguono gli indizi, a partire da un necrologio sul «Chicago Tribune», cercando di ricomporre i pezzi della vita di Vivian, vissuta tra New York, la Francia e Chicago. Il ritratto che emerge è quello di una donna eccentricacoltamolto riservata e non senza  lati oscuri. Uno spirito libero che ha seguito le sue curiosità ovunque queste la portassero, in giro per il mondo. Canada, Sud America, Medio Oriente, Asia. I suoi viaggi in cerca di scorci esotici l’hanno spinta a trovare l’insolito anche al di fuori del suo cortile di casa. E da casa Vivian Maier non usciva mai senza la sua inseparabile Rolleiflex 6×6, sempre pronta a catturare ogni cosa che attirasse la sua attenzione. Si avventurava nei quartieri malfamati della città, accompagnata dai suoi bambini, per fissare la spontaneità di volti e attimi di vita quotidiana della gente di strada. Aspetta l’istante decisivo come Henri-Cartier Bresson immortalandolo con una precisione unica. Le bastava un unico “click” per fare una radiografia in bianco e nero delle emozioni e dei pensieri di chi – quasi sempre outsider ed emarginati – le capitava sotto l’obiettivo. Ma il suo sguardo, a volte ironico, si è soffermato anche su strade, panorami e scorci urbani delle grandi metropoli americane. E dagli anni ’70, col passaggio al colore, anche su graffiti e oggetti abbandonati per strada. Immagini mai sviluppate e mai stampate. I rullini si accumulano in quelle scatole che come diceva “contengono tutta la mia vita”. La sua vita finisce nel 2009, così come era iniziata, nel silenzio più assoluto. Ma quindi, perché Vivian Maier ha nascosto al mondo le sue fotografie? La maggior parte delle persone che l’hanno conosciuta non ha mai realizzato che dietro quella semplice tata dai modi bruschi, si celasse in realtà un’artista dal talento fuori dal comune. E probabilmente, nemmeno lei si è mai considerata come tale. Al punto da preferire l’anonimato alla visibilità, per paura di essere rifiutata. C’è chi sostiene non avesse sufficienti risorse economiche per sviluppare le sue immagini. O forse era semplicemente gelosa della sua privacy. Eppure, di lei ci sono decine di autoscatti. Un sé immortalato come in un gioco di specchi, attraverso ombre e riflessi.“

Il 10 luglio 2015 è stata inaugurata la mostra di Vivian Maier al Museo MAN di Nuoro e sarà possibile accedere alle sue opere fino al 18 ottobre 2015.
La mostra, a cura di Anne Morin, realizzata in collaborazione con diChroma Photography, sarà la prima di Vivian Maier ospitata da un’Istituzione pubblica italiana.

Arianna Oggioni e Cecilia Ripesi